Ci sono incontri che lasciano il segno.
E poi ci sono quelli che, anche a distanza di anni, riescono a sorprenderti, emozionarti e farti capire quanto il lavoro educativo possa cambiare davvero una vita.
“Ma tu cosa ci fai qua???”
Questa la mia reazione ad uno degli incontri più inaspettati che mi siano mai capitati.
Dopo 10 anni, me lo ritrovo qui davanti, più alto di me, ormai un uomo.
Ci siamo lasciati male io e lui, c’era tanta rabbia nei suoi occhi e nei suoi gesti quando l’ho accompagnato a L’Ora Blu; si è sentito tradito da me, la sua educatrice con cui condivideva i pomeriggi, quando ho raccolto la sua testimonianza sul forte malessere che stava attraversando in famiglia e che ha determinato il suo allontanamento da casa.
Era un bambino triste, infuriato, confuso e spaventato che si stava affidando agli educatori, a lui fino a quel momento sconosciuti, della comunità che sarebbe diventata la sua casa per i mesi a venire.
Oggi è maggiorenne, lavora, ha la passione per i motori, si prende cura di suo fratello minore e ha deciso di venirmi a trovare, di sorprendermi durante una serata in cui ha captato la mia presenza grazie ai social.
Mi ha abbracciata forte, mi ha detto che sta bene, ha preso la patente e ha il sogno di aprire un’officina tutta sua, mi ha chiesto se sono ancora in contatto con gli educatori che lavoravano lì durante il suo pezzo di percorso, mi ha chiesto di salutarglieli.
Abbiamo chiacchierato seduti al tavolino di un bar, abbiamo ricordato i momenti belli e quelli brutti, ci siamo commossi, abbracciati di nuovo e nel salutarmi mi ha detto: “ti voglio bene, mi piacerebbe rivederti, rivedervi tutti!”.
Quanta fatica durante il loro cammino, ma quanto valore a distanza di anni rimane ancora nel loro cuore, che sta tutto dentro in quell’abbraccio lì, stretto stretto.