“Io – che – cerco – nuova – vita – che – la – mia – l’ho – smarrita” dal pezzo di Bryan
Ci colpisce la loro tenacia, la loro insistenza… e allora… pronti via: diamogli spazio! Partiamo con la ricerca, telefonate, incontri, sopralluoghi…: la nostra missione è trovare un trapper che li aiuti ad esprimere la loro passione, uno studio di registrazione che concretizzi il sogno.
Trovato! Il Progetto Trap Therapy è ciò che fa per noi: la musica come strumento di crescita e di espressione di talenti e competenze. Guardo Matteo, mentre è intento a creare una base per un testo scritto da Lucas, e la butto lì: “abbiamo trovato un gruppo di artisti che organizza laboratori rap/trap… hanno uno studio di registrazione… che ne dici… partecipiamo?”. Matteo, al settimo cielo, non smette di farmi domande: “Ma possiamo registrare la nostra canzone?”, “Quando iniziamo?”, “Dov’è lo studio?”. Si avvicinano Alessio, Jonathan, Lucas e Bryan, non si parla d’altro: sono tutti gasati.
10 luglio: per essere un trapper devi anche avere stile. Quando arriviamo sul tavolo ci sono un pelliccione, occhiali da sole, magliette, tute da calcio, collane e cappelli brandizzati. Superato l’imbarazzo iniziale, l’immaginazione vola, siamo nel mezzo di un set fotografico. Questa volta c’è anche Noba (il producer) per ascoltare i testi che, dopo il primo incontro, i ragazzi hanno scritto. Lui e Bulls ci fanno sentire dei loro brani, rompono il ghiaccio e poi… chi vuole provare la registrazione? Matteo si lancia. Il suo pezzo commuove: è la sua storia e il suo dolore. Nella stanza c’è silenzio e grande rispetto. Appena finisce tutti applaudiamo, Alessio gli batte un cinque, Jonathan gli tira pacche di affetto sulle spalle, Bulls commenta “è forte, sei forte!”. Mentre Bulls invita i ragazzi a fargli il coro, con le torce dei telefoni accesi, come nei video musicali e Matteo ricanta il pezzo, incrocio lo sguardo di Bryan. Il giorno prima mi aveva mostrato il suo testo. Anche lui vuole dare voce alla sua storia, fatta di sofferenza e voglia di riscatto. “Voglio provare il mio testo, ma se non riesco?”. Lo abbraccio e gli faccio cenno di andare al microfono. Bryan parte con la testa bassa, concentrato, la voce che esce decisa insieme a tutto ciò che ha dentro: un vortice di emozioni e pensieri vibra nell’aria. I BPM sono 120. Poco dopo si interrompe perché l’emozione è tanta, poi riparte. “Non credevo di riuscirci”. Non avevo dubbi che ce la facesse.
E noi siamo ancora emozionati nel vedere come la musica li abbia aiutati a rielaborare la propria storia, comprenderla, accettarla, condividerla senza timori né imbarazzi, orgogliosi di ciò che sono e consapevoli di essere più forti. E conserviamo lo screenshot del wapp di Bryan, che ha terminato da poco il suo percorso nella nostra Comunità Diurna: “grazie per tutto! Per avermi fatto conoscere il mondo della musica, per avermi fatto crescere, per avermi formato come uomo!”.
Piero Santi Chuquilin – educatore Comunità Diurna “Passaggi di Tempo”
Perché non sia mai scontata l’importanza di essere ascoltati, visti, pensati.